Lo smart working ai tempi del Coronavirus – La versione di Barney

Lo smart working ai tempi del Coronavirus – La versione di Barney

Lo smart working ai tempi del Coronavirus – La versione di Barney

In questi giorni le notizie sul Coronavirus sono sulla bocca di tutti. Il livello di allerta continua a essere elevato su tutto il territorio. Siamo tutti impegnati a cercare le modalità più efficaci per contenere il contagio: aziende, imprese e attività stanno attuando diverse misure di emergenza, tra cui l’utilizzo di un sistema di Smart working, in accordo con il decreto del 23 febbraio 2020 della Gazzetta Ufficiale.

Ma cosa significa realmente implementare un sistema di smart working?

Implementare un sistema di smart working richiede un complesso di interventi che toccano profondamente le nostre abitudini, i processi e gli strumenti con cui lavoriamo.

La prima abitudine che viene messa in discussione è, banalmente, quella di non avere più tutti i dipendenti o i colleghi in ufficio e negli stessi orari di lavoro.

Certo, avere personale che lavora fuori ufficio non è una novità. In quasi tutte le aziende è sempre stato normale che alcuni ruoli, quali i commerciali o i consulenti, lavorassero da remoto in genere presso i clienti. Ci sono poi realtà, quali aziende di ingegneria, che lavorano soprattutto per l’export, per le quali avere tante persone che lavorano in via continuativa fuori ufficio e/o distribuite per il globo è sempre stata una normalità.

La differenza è che ora iniziano a lavorare da remoto anche quelle funzioni aziendali che storicamente presidiavano l’ufficio. Le funzioni amministrative, del personale, la gestione delle operations, e molti altri operativi che in ufficio hanno il ruolo di rappresentare la “fabbrica” che continua a produrre.

Il complesso di attività e processi che permettono di far lavorare efficientemente le persone, indipendentemente dall’ubicazione della propria stazione di lavoro, rientra nella definizione di smart working.

In questo articolo vediamo una panoramica sulle metodologie e sugli strumenti che possono aiutare ad implementare lo smart working nella vostra azienda.

1. Metodologie

Le metodologie applicate sono ovviamente diverse e riguardano l’organizzazione del lavoro. Qualsiasi metodologia o complesso di metodologie si scelga di adottare in ottica smart working rientra nel più generale concetto di “Digital Transformation”.

Le metodologie maggiormente applicate in questi ultimi anni sono quelle che si collocano sotto il cappello “Agile”. Scrum e KanBan sono le più diffuse, soprattutto in ambito software. Vi accorgerete presto, se non lo avete già fatto, che è più semplice applicare la metodologia Agile in ambiti in cui è possibile definire progetti e team, mentre è più complesso farlo nella contabilità, nel marketing, nei dipartimenti produttivi più classici (e meno digitali). Esistono però tante altre metodologie, sempre sotto il cappello Agile, che meglio si applicano alle funzioni aziendali che lavorano per attività più continuative (quali il marketing, l’amministrazione, la gestione del personale). L’ambito di studio è ancora in fermento e la letteratura in costante evoluzione.

Le aziende che hanno già implementato metodologie Agile sono facilitate nell’adozione dello smart working, perché risulta facile:

  • programmare e tracciare gli avanzamenti delle attività di medio periodo,
  • programmare, gestire e tracciare i singoli task assegnati quotidianamente,
  • responsabilizzare tutti gli attori coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi,
  • condividere quotidianamente problemi in modo da intervenire tempestivamente,
  • condividere i successi e gli avanzamenti in modo da motivare le persone.

Se da un lato aver applicato la metodologia Agile aiuta, dall’altro non è quasi mai vero che l’azienda è al 100% Agile, ma lo è un po’ a macchia di leopardo. Infatti, proprio per via della diversità dei diversi dipartimenti, ci si ritrova spesso con dipartimenti 100% Agile ed altri che sostanzialmente si muovono alla vecchia maniera (o in modo misto).

La soluzione a questa disomogeneità è proposta dal “Context Oriented Management” (C.O.M.), proposto da BusinessRM. Il C.O.M. è una metodologia complessiva che si applica a tutta l’azienda e che permette di integrare dei “sotto-framework” Agile per dare una gestione organica a tutti i dipartimenti e le funzioni aziendali. L’adozione del C.O.M. permette, in sintesi, di non avere situazioni a macchia di leopardo e, vista la sua semplicità di applicazione, permette di avere una regia completa del proprio processo di trasformazione digitale.

2. Strumenti

Gli strumenti di lavoro sono diversi. I più comuni sono i tool di comunicazione, dalla videochiamata alla chat one-to-one che sostituiscono il vecchio telefono, alle piattaforme collaborative.

In questo ultimo ambito, quello delle piattaforme collaborative, ci sono tante specializzazioni, dai tool di project management (molti dei quali oggi in ottica Agile), alle piattaforme più orizzontali che permettono di:

  • far comunicare più persone,
  • far lavorare in modo coordinato più persone,
  • condividere dati ed informazioni da più sistemi e in più formati (file sui cloud, task, eventi di calendario, report),
  • ottimizzare l’interazione con i gestionali già presenti in azienda (spesso meno evoluti in ottica di trasformazione digitale ma molto specializzati per la gestione delle operations).

Le piattaforme collaborative, che siano queste generaliste o specializzate, sono nella quasi totalità strutturate intorno al concetto di Team. Per questo si definiscono “Team First”.

Questo perché storicamente è stato il settore del software che ha spinto la creazione di queste piattaforme, dove gli sviluppatori si muovono per team e progetti.

Le piattaforme di collaborazione “Team First,” soprattutto sull’aspetto della comunicazione, mutuano molti aspetti dalle piattaforme di comunicazione “User First” (ossia incentrate sull’utente), come ad esempio WhatsApp. Per questo in Slack, Microsoft Teams o simili – per esempio – si trovano le chat di gruppo presenti anche su WhatsApp, con caratteristiche più evolute ma con limiti molto similari.

Il primo limite delle piattaforme “Team First” è che si lavora per “silos” di comunicazione. Per fare un esempio pratico, bisogna aprire ogni singola chat (o channel) per capire di cosa si stia parlando. Questi thread fanno poi coincidere l’argomento (o processo) con le persone che ne devono parlare, senza però permettere di distinguere i ruoli (o meglio le funzioni aziendali) che stanno comunicando in quel thread. Questo vuol dire che a tanti Channel corrispondono altrettanti “thread”, o discorsi da seguire.

Man mano che si creano gruppi di discussione mirati, si moltiplicano i thread. Questo porta ad una gestione incontrollata dei flussi di lavoro e ad una crescita incontrollata dei channel.

Adottare piattaforme “Team First” su tutta l’organizzazione può quindi risultare controproducente in molti casi. Per questo è stata creata un’altra categoria di piattaforme collaborative pensata per risolvere questo problema e per far lavorare TUTTA l’organizzazione, e non solo i piccoli team. La piattaforma proposta da BusinessRM è concepita in questa ottica “Organization First”.

Se volete adottare lo smart working nella vostra azienda, suggeriamo l’adozione di una piattaforma Organization First, onde evitare di perdere il controllo sull’andamento di tutte le attività distribuite tra dipartimenti diversi.

La piattaforma “Organization First” proposta da BusinessRM è SweetHive, che si presenta come l’unica attualmente sul mercato ad essere stata concepita con questa nuova logica.

SweetHive permette di creare Alveari Digitali (Hive) con cui è possibile gestire sia micro imprese che grandi aziende.

Attraverso le API di SweetHive è anche possibile integrare i gestionali interni per condividere le informazioni tra diverse funzioni aziendali.

Gli Alveari Digitali infatti hanno una struttura gerarchica di contesti che permette la gestione dei processi interni ed esterni. La possibilità di far comunicare tra loro le chat dei gruppi, invece, permette di lavorare per funzioni aziendali o reparti piuttosto che per team. L’unione di queste due caratteristiche (tecnicamente “Context Sharing”) permette di realizzare rapidamente un ambiente di collaborazione virtuale coerente con il proprio sistema di qualità aziendale che ben si integra con la metodologia Agile del Context Oriented Management.

Motivazione delle persone, rapidità ed efficienza operativa, supporto alle decisioni sono solo alcune delle caratteristiche principali di un alveare digitale: una soluzione molto semplice per realizzare lo smart working in azienda.

Non sai come impostare lo smart working nella tua azienda?

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