Lavoro da casa, ma ci vivo anche! Come separare lo smart working dalla vita privata
La pandemia da Covid-19 ha accelerato la scoperta del lavoro agile. Lavorare da casa, o da remoto, è stata l’unica alternativa possibile durante il lockdown. Così abbiamo imparato ad apprezzarlo, ma anche ad odiarlo. Scopriamo come fare per far sì che la casa diventi anche il nostro luogo di lavoro senza che vada a creare interferenze con la vita privata di ciascuno di noi.
Sono ormai quasi tre mesi che centinaia di aziende si sono dovute “convertire” allo smart working. Si è passato dal timore di non poter controllare i dipendenti, ai “lavori forzati” da remoto dovuti al lockdown, e ora ci si rende conto che questa potrebbe essere una delle migliori strade da percorrere perché comporta benefici per tutti. Non è un caso che grandi aziende come Twitter abbiano dichiarato che da adesso in poi seguiranno questo modello, e tante altre piccole e medie imprese, prendendo il loro esempio, stiano iniziando proprio ora, almeno parzialmente.
La routine dello smart working
È anche vero che, affinché il lavoro agile rimanga un metodo di lavoro efficiente ove possibile, è necessario fare tesoro di quanto abbiamo potuto imparare in questi 3 mesi.
LinkedIn ha compiuto una ricerca su un campione di 2 mila lavoratori che in questo periodo hanno lavorato in modalità smart, e si è scoperto che il 21% fa fatica a staccare la spina dal lavoro e che l’ansia e lo stress sono aumentati rispetto a quando si lavorava in ufficio.
E, a pensarci bene, può essere anche comprensibile: si è praticamente tutto il giorno nello stesso ambiente dove si lavora, si mangia, si convive e ci si rilassa. Ed è difficile stabilire i confini tra l’inizio e la fine di una giornata di lavoro.
Per questo motivo è importante creare una piccola routine giornaliera che ci aiuti a definire meglio il tempo del lavoro e quello dello svago, ed evitare così lo stress generato dal lavoro da casa. Marco Maestri*, responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione di SweetHive, ci da qualche pillola di sopravvivenza:
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Svegliati allo stesso orario di prima (togliendo il tempo che ti serviva per spostarti!) e tutti i giorni alla stessa ora. Così potrai programmare meglio la giornata lavorativa;
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Fai colazione. Prendi energia per affrontare la giornata come se dovessi uscire di casa. Così eviterai tanti spuntini durante la mattina;
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Fai una piccola pausa ogni 50 minuti e stacca lo sguardo dal computer. Cerca di affacciarti alla finestra e guarda all’orizzonte;
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Alzati almeno 3 minuti diverse volte durante la giornata per distendere i muscoli;
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Rispetta la pausa pranzo senza stare davanti al computer;
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Crea un rituale di chiusura della sessione lavorativa a fine giornata, come ordinare la scrivania, per distinguere il momento del lavoro dalla vita privata;
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Fai un po’ di stretching o cammina su e giù dalle scale.
Non mi vedi, ma ci sono
Un altro fattore dello smart working che può influenzare negativamente la nostra predisposizione al lavoro è la sensazione che si ha nel dover rispondere più rapidamente rispetto a quando ci si presenta in ufficio. Secondo la ricerca di LinkedIn, il 22% dei lavoratori si è sentito di dover rendersi disponibile più a lungo rispetto all’orario di lavoro. Nonostante non si debba timbrare il cartellino, si percepisce un tacito obbligo di dover essere sempre online e disponibile. E questo comporta una maggior difficoltà a staccare la spina a fine giornata e, di conseguenza, l’ansia di cui si parlava all’inizio.
No stress, grazie!
Abbiamo appena letto alcune pillole per i lavoratori per gestire meglio la giornata da casa senza stress. Ma anche i responsabili di azienda possono adottare alcuni accorgimenti per far sì che non nasca quest’ansia da prestazione.
Il primo e forse il più semplice è quello di utilizzare sistemi o piattaforme che non vadano a controllare la presenza del lavoratore, ma il suo operato finale. Ad esempio, BusinessRM non ti dice quando i collaboratori sono online, ma ti dice lo stato dell’arte di un progetto in corso: il fatto che il contesto si popoli di messaggi, documenti e scambi di informazioni, sono la prova che tutti i collaboratori stanno lavorando insieme verso l’obiettivo comune.
Il secondo, anche questo in teoria semplice ma nella pratica più difficile, è avere fiducia. Se si danno gli strumenti giusti, si stabiliscono obiettivi chiari e si crea un ambiente di lavoro amichevole, i dipendenti continueranno a dare il massimo di sé anche da remoto, anche lavorando da casa. O dal mare 😉 .
*Puoi vedere i corsi sulla sicurezza sul lavoro che tiene Marco Maestri con la sua accademia M&P Project su WiredExperience, a questo link.
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