Stiamo vivendo una nuova era, in cui sembra che l’attenzione sia rivolta ai risultati e al benessere del dipendente. Ma quanto dipende dall’azienda per cui si lavora, e quanto dalla natura stessa del dipendente? In quest’articolo raccontiamo il nostro punto di vista.

Qualche settimana fa è uscito un articolo molto interessante in cui si parlava di “benessere dei dipendenti”. In particolare, l’articolo spiegava come Deloitte abbia deciso di lanciare un indice che misura, appunto, il benessere sul lavoro.

“Analizzando alcuni fenomeni sociali che interessano soprattutto le nuove generazioni,” spiega Marco Vulpiani, Life Sciences Sector Leader di Deloitte, “abbiamo pensato che fosse necessario allargare l’analisi delle determinanti del benessere lavorativo al di fuori dei confini tradizionali e includere fattori intangibili finora considerati solo in parte, come la fruizione di cultura, il contatto con la natura, il senso di sicurezza e altri.”

Quest’articolo ha suscitato in me un po’ di curiosità: stiamo letteralmente vivendo un’epoca totalmente diversa rispetto a quella vissuta dai nostri nonni, in cui era il prodotto, il risultato, ciò di cui il capo d’azienda era interessato. Ora sembra evidente che l’attenzione sia anche rivolta alla sfera personale del dipendente.

Benessere e smart working

In tempi in cui si incentiva la modalità di lavoro in smart working da qua ai prossimi sei mesi, o addirittura anni, tenere conto del benessere dei dipendenti è cosa buona e giusta. Ma allo stesso tempo ci sono cose che non possono essere trascurate.

Purtroppo, a molti di noi rimane solo il ricordo dell’ambiente di lavoro arricchito da piante verdi e profumi in grado di darci un senso di pace nonostante la frenesia delle commesse da portare a termine. E ancora, diventa per forza maggiore limitata la stessa partecipazione a corsi interni di crescita personale o di team building, a causa delle misure di contenimento del virus a cui bisogna attenersi. Non ci sono quindi fattori intangibili come la fruizione di cultura, il contatto con la natura, il senso di sicurezza e altri che tengano di fronte a eventi esterni così rilevanti. Ecco che, nella lista delle cose che non possono mancare per garantire uno stato di benessere a un dipendente qualsiasi cosa accada, vi è la motivazione come elemento determinante.

In questo articolo ti spieghiamo anche come la motivazione rientri tra i 3 fattori che permettono la connessione tra comunicazione, condivisione e welfare aziendale.

Il ruolo della motivazione

È bene ricordare infatti come il dipendente sia, prima fra tutto, una persona, con emozioni, con i suoi limiti, con le sue paure e i suoi obiettivi personali. Accade a volte che questi diventino anche quelli aziendali, e dunque il match è perfetto 🙂 Altre volte, invece, gli obiettivi sono talmente diversi che rendono fortemente debole il rapporto benessere e produttività. Qui un bell’articolo su come coinvolgere il team per gli obiettivi aziendali.

Per questo motivo, un’azienda si porta appresso una grande responsabilità: non dimenticando il ruolo fondamentale della natura stessa del dipendente, un’azienda vincente sa che si può essere appetibili sul mercato solo quando i propri dipendenti sono altrettanto motivati dal proprio ambiente di lavoro, fisico e, ora, necessariamente digitale.

BusinessRM: il phy-gital place

BusinessRM, l’ambiente di lavoro chiamato anche “phy-gical place”, ripropone la struttura fisica (physical) e logica (logical) dell’organizzazione per cui si lavora in uno spazio digitale (digital), affinché ogni collaboratore come te possa partecipare all’obiettivo comune. Inoltre, proprio grazie alla sua struttura per alveari digitali, riesce a rendere il lavoro in remoto quasi esso stesso un’esperienza di vita: ti senti a casa, al centro dell’organizzazione, in un luogo digitale in cui la motivazione ha solo che spazio per crescere, a fronte di una maggior consapevolezza del proprio lavoro e della propria persona. E, di conseguenza, del proprio benessere.